Così si perde la guerra del tempo - Blog tour - Le lettere di Rossa e Blu
Il fulcro della storia è proprio la curiosa corrispondenza che
nasce tra le due. Io e Jules abbiamo deciso di condividere e parlare delle nostre
lettere preferite, io ho selezionato quella che preferisco di Rossa e Jules quella
che preferisce di Blu.
Iniziamo!
molto difficile, fare amicizia quando vorresti consumare, trovare chi, quando chiede “Ci sei ancora”, quando chiude una lettera con “Tua”, lo dice sul serio.
P.s. In questa lettera ci sono molti post scriptum e io li amo solitamente,quindi ne condividerò uno anche qui.La brama, questa brama di possedere, di diventare, di frangermi come un’onda sullo scoglio e riformarmi, e frangermi ancora, e scorrere via.
P.P.S. Continuavo ad annodare il tuo nome di notte, ma questa formula di saluto mi sembrava più saggia… Ho imparato che, anche quando bel tempo si spera, a volte la pioggia si avvicina.
La lettera di Rossa che ho scelto è un po’ più lunga del
solito. Tra le parole vediamo per la prima volta uno spiraglio della sua vita,
le sue riflessioni, le sue incertezze ed il suo passato. La lettera inizia con
una frase che mi ha colpito molto:
“Credo che nessun filo sia una sola cosa: ci addestrano alla piena consapevolezza di questo concetto. Ciascun filo ha sfaccettature, uncini, barbigli, utili in modi diversi a seconda di come si collegano. Il principiante crede che un solo cambiamento renderà il filo così, o cosà. Un evento – un’invasione, uno spasmo o un sospiro – è come un martello: un lato liscio e perfetto per piantare i chiodi, l’altro ad artiglio per liberarli.”
Ed è vero. È un po’ come “l’effetto farfalla”: così come un
singolo battito d’ali di una farfalla può cambiare le sorti del mondo, tanti piccole
azioni di Rossa e Blu possono modificare il corso della storia di ogni ciocca. Questo
aspetto del racconto mi ha fatto pensare prima di tutto al film “The butterfly
effect” e poi anche al racconto breve di Ray Bradbury “Rumore di tuono”, in entrambi
è fondamentale la presenza di piccoli cambiamenti nel passato che modificano le
sorti del futuro.
Con questa breve introduzione Rossa fa luce su un aspetto
importante, giunge ad una consapevolezza nuova.
“Mi chiedo, in quest’ottica, quanto del tuo lavoro mi abbia aiutata, e viceversa: una domanda che va oltre le mie capacità di calcolo.”
È qui che scatta la serratura. Che Rossa lascia entrare dentro
di sé – lentamente – Blu. E poi arriva
al punto in cui non riesce più a trattenere le parole, divorata dalla stessa
curiosità della sua rivale.
“Chiedi della fame. Chiedi, in particolare, della mia fame. Risposta breve: no. Risposta più lunga: non credo? […] Ma la fame che descrivi tu – quella lama che squarcia la pelle, il logorio simile a quello del fianco di una montagna battuto dalle intemperie, il vuoto – mi suona bellissima e familiare.”
Familiare. Ci siamo. È proprio il punto che stavamo
aspettando. Quello in cui possiamo vedere come Rossa è diventata ciò che è. C’è
un racconto, bellissimo, intenso, privato, quella porta che Rossa lascia
attraversare solamente a Blu, ma che noi abbiamo il privilegio di varcare:
“Una volta ho letto un fumetto su Socrate. […] Una sera, mentre i suoi commilitoni dormivano, lui ha cominciato a riflettere. È rimasto immobile, perso nei pensieri, fino all’alba, quando ha trovato la risposta alla sua domanda. Mi sembrò molto romantico, all’epoca. Quindi lasciai la mia capsula e vagai su nel passato e molto lontano, lontano dal chiacchiericcio e dal controllo reciproco. Trovai la cima di una collina in un mondo piccolo, respirabile ma vuoto, e rimasi lì come Socrate nel fumetto, persa nei pensieri, il peso su un piede solo, immobile. Il sole tramontò. Le stelle sbocciarono. (Sono come rose, no? O qualcosa del genere. L’ha detto Dante.) Mi resi conto che, mentre le orecchie si abituavano al silenzio, riuscivo ancora a sentire le altre: le nostre chiacchiere pullulavano nei cieli; le nostre voci riecheggiavano tra le stelle.”
Questa parte è decisamente la mia preferita, questo perché mi
sono rivista molto in Rossa. La necessità di isolarsi, di fermarsi e
allontanarsi da tutti, anche da chi vogliamo bene è qualcosa di universale. Prendersi
del tempo per se stessi, per riflettere o anche solo per ascoltare la natura,
qualsiasi cosa essa ci voglia dire. Per guardare le stelle, le loro strane congiunzioni,
per farsi accarezzare dal vento, per provare istinti naturali: paura, fame,
solitudine. Ma anche quando sei solo, non sei abbandonato a te stesso.
La solitudine - paradossalmente - attira gli altri, arrivano
domande e tu sai che alcune persone ci sono per te, ma semplicemente non riesci
a parlare, non riesci a dire nulla.
“Mi si fecero intorno. Sussurri all’orecchio: «Stai bene? Ti serve aiuto? Con noi puoi parlare. Sempre». Li mandai via. Ciascuno ha diritto alla propria riservatezza, quindi mi rifiutai di farmi vedere. Ero l’unica persona su quel minuscolo pianeta, e feci diventare buio il mondo.”
Hai bisogno di tempo. Non di risposte o soluzioni. Solo di tempo.
“Scrivere mi sembra più difficile del dovuto. Ma anche più facile del dovuto. Mi contraddico. I geometri si vergognerebbero di me.”
Ma dopo che quel tempo è passato cosa provi? Desideri oppure
no che qualcuno si accorga di te? È un pensiero paradossale, confuso, eppure dentro
di te sai, vuoi che qualcuno ti veda. Non tutti, solo qualcuno.
“Le lacrime si asciugarono. E mi sentivo sola. Mi mancavano le voci. Mi mancavano le menti che c’erano dietro. Volevo essere vista. Quel bisogno si è fatto strada dentro di me. Era una bella sensazione. Non so come paragonarlo a qualcosa che potresti conoscere, ma immagina una persona unita a una Cosa, una divinità artificiale grande quanto le montagne, costruita per combattere guerre negli angoli più lontani del cosmo.”
E forse quel qualcuno c’è, lì da qualche parte, solo
che tu non lo sai ancora.
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